Si chiama Pacific Light Cable Network ed è il cavo sottomarino più veloce della storia. Promette di battere tutti i record, collegando via internet Los Angeles e la Silicon Valley ad Hong Kong, attraverso 12.800 chilometri di altissima tecnologia. Un progetto da mezzo miliardo di dollari che porta la firma della Pacific Light Data Communication, azienda sussidiaria della China Soft Power Technology Holdings Limited costituita nel 2015. Fra gli investitori, due nomi su tutti: Facebook e Google. Farebbe un po' strano che i due colossi californiani abbiano deciso di staccare assegni così importanti, se non fosse che Hong Kong è una città del tutto straordinaria, capace di ospitare ben 7 milioni di abitanti, e molto spesso tappa forzata di chi è diretto nella Cina meridionale. Shenzhen, la città impero mondiale degli smartphone, è lì a due passi. Basta attraversare il confine. Hong Kong è una regione ad amministrazione speciale, Shenzhen è Repubblica Popolare Cinese senza se e senza ma. Ad Hong Kong navigare su Facebook o scaricare la posta da Google non è un problema, a Shenzhen è possibile se non grazie a una tradizionale rete di connessione privata, anche detta VPN. Ma perché, dunque, Google e Facebook hanno deciso di partecipare al progetto del cavo fra Los Angeles e Hong Kong? Certamente si tratta anche di una mossa tesa ad anticipare le grandi industrie di telecomunicazioni, con le grandi web company decise a prendersi tutto. Ma il vero obiettivo sembra essere l’ex celeste impero da un miliardo e trecento milioni di abitanti. Che diventano utenti, quando entrano in gioco i dati. Dentro quel cavo subacqueo ci sarà un’incredibile quantità di fibre ottiche di nuova generazione, in grado di mettere in contatto più di un miliardo di dispositivi del tipo Android. I dati (e le informazioni in essi contenute) viaggeranno inizialmente a 120 terabit al secondo. Una velocità decisamente elevata. E del resto chi vince la guerra delle comunicazioni si prende il mondo, e con esso il controllo dell’uomo, divenuto un insieme di bytes dentro al quale pensieri, desideri, ambizioni saranno ben presto trasformati, quasi per magia e quasi alla velocità della luce in consumi, acquisti e merci. In una parola: in beni di consumo. Così succede che a fine agosto, mentre la posa del cavo lungo il fondale dell'Oceano Pacifico è stata quasi completata, il dipartimento della Giustizia statunitense, secondo un rapporto pubblicato dal Wall Street Journal, attraverso un gruppo di agenzie governative conosciuto come Team Telecom, ha bloccato la richiesta formale di Google e di Facebook di accensione della connessione ad alta velocità. Il motivo? Problemi di sicurezza nazionale legati - guarda un po’ -, alla presenza di un investitore cinese nel progetto. Si tratterebbe del Signor Peng, titolare della Telecom&Media Group Co, che sì collabora attivamente con i colossi della Silicon Valley, ma anche con la cinese Huawei, leader della nuova tecnologia 5G, e in quanto tale principale bersaglio del presidente Donald Trump. L’azienda del Signor Peng è tra i principali operatori di telecomunicazioni in Cina ma, secondo il Team Telecom, coordinandosi con il governo cinese starebbe contrastando le proteste in atto ad Hong Kong. Proteste iniziate improvvisamente pochi mesi fa, quasi a ricordare le primavere colorate dei Paesi arabi, ricchi di risorse energetiche, e sviluppatesi proprio nel bel mezzo della guerra dei dazi, l’offensiva dichiarata da Trump contro Pechino e contro la nuova Via della Seta che, facendo saltare tutte le regole del commercio internazionale, ha messo in crisi il sistema multilaterale e minaccia l’economia globale. Questa sarebbe la prima volta che gli Stati Uniti respingono una licenza di accensione della rete internet a un cavo sottomarino. I cavi sottomarini costituiscono infatti la spina dorsale di internet, trasportando circa il 99% del traffico dati mondiale. D’altronde, un internet di queste dimensioni, che sceglie come alleati i nemici di Trump, fa paura anche all’America First, progetto tanto agognato proprio da Trump. E forse non è un caso che a Davos il miliardario Jack Ma, fondatore della cinese Alibaba, abbia tuonato: “Non con la tecnologia, ma per via della tecnologia, il mondo arriverà alla terza guerra mondiale”. Nel silenzio della nuova Europa di Aquisgrana.

 

 

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